Bilancio di una riforma Il presidente del Consiglio ha troppa fretta di vedere approvata una riforma costituzionale concordata pur sempre fra due persone, Viste le perplessità incontrate alla Commissione Affari Costituzionali del Senato, sarebbe meglio rifletterci ancora un po. A chi accusa Renzi e Berlusconi di un tentativo autoritario, rispondiamo che anche quello avrebbe per lo meno bisogno di un modello comprovato su cui attecchire. Il vero rischio di una riforma tanto abborracciata, è più quello della paralisi e del caos istituzionale. Il progetto di riforma presentato in aula al Senato, ricalca lo stesso articolato della riforma promossa dal centrodestra nel 2006 e poi bocciata da un referendum popolare. C’è quindi un problema a valle: lo stesso disegno è stato respinto per via referendaria sette anni fa, e ce n’è uno a monte, in quanto il Parlamento che si propone di riformare la Costituzione è stato eletto sulla base di una legge elettorale che la Consulta ha ritenuto incostituzionale. Con che diritto si procede dunque ad una riforma, quando questo Parlamento avrebbe dovuto sciogliersi al più presto? Aggiungiamo che se uno dei promotori della riforma venisse nuovamente condannato dalla magistratura repubblicana , avremmo come padre costituente un reo di sfruttamento della prostituzione minorile. Non è quello che si chiama un buon viatico. Il testo che venne elaborato nel 2006 voleva aumentare i poteri del premier, proponendo un principio di sfiducia costruttiva dopo aver provato a costituzionalizzare persino una norma antiribaltone. Di tutto questo non c’è più traccia e non potrebbe esserci, essendo Renzi esempio di uno pseudo ribaltone . Altra differenza , la passata riforma era basata su un’impostazione bipartisan, preoccupata di recepire istanze della parte avversa, cosa che comunque non riuscì completamente a fare, tanto che si promosse un referendum. L’attuale, invece, ha trovato l’intesa bipartisan quando la società italiana oramai è divisa in tre parti, non più in due e la seconda delle tre parti per quantità numerica, si trova ora esclusa, dal processo riformatore. Pensare di escludere il secondo partito del paese da una Riforma della Costituzione è come se nel 1948 si fosse escluso il Pci dal dibattito alla Costituente. Pd e Forza Italia, con Lega Udc e Scelta civica raccolgono, si è no, il 67 per cento dell’elettorato attivo, nemmeno il 50 per cento del corpo elettorale avente diritto. Possiamo benissimo dirci che solo chi partecipa merita di esprimersi, ma quando si tratta della riforma costituzionale, se vogliamo ignorare l’astensione dal voto benissimo, ma non si ignori la seconda forza del paese, quale che sia stato il suo comportamento iniziale, dal momento in cui si è convinta di dover partecipare. Veniamo allora al punto più controverso della riforma, quello che concerne i nuovi compiti del Senato. Si è scelto un’elezione indiretta, per cui i senatori sarebbero i consiglieri regionali, i governatori, i sindaci. Qualunque legge la Camera vari in materia Regionale o comunale si troverebbe a dover chiedere il loro parere, quando in alcuni casi non è chiara l’applicazione del principio di sovranità nazionale, ad esempio, per le Regioni a statuto speciale. Un Senato così costituito sarebbe in grado di bloccare qualunque tipo di intervento concernente i tagli alla spesa delle amministrazioni locali, quella che pesa maggiormente sull’ammontare del debito pubblico che pure dovremmo ridurre. Infine ecco la nuova norma che rende praticamente impossibile il referendum abrogativo. Visto che il popolo fa danni, meglio cessare di consultarlo.. I danni che fa il governo invece rischiamo di tenerli fino a quando non avremo sfasciato del tutto il paese. Roma, 16 luglio 2014 |